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Il fatto di cronaca

L'accoltellamento del 17enne di Campobasso porta alla droga

La Squadra Mobile, guidata da Marco Graziano, ha eseguito diverse perquisizioni e messo sotto torchio per ore diversi ragazzi legati al giro dello spaccio in città. Teatro dell'aggressione un appartamento al nono piano, il penultimo, del palazzo più conosciuto del capoluogo

tentato omicidio a campobasso: indagini al grattacielo, pista della droga e dubbi sulla rapina

La rapina denunciata dopo l'accoltellamento dunque potrebbe essere anche una messa in scena per coprire un episodio legato ad altro: tre o quattro le coltellate che hanno ferito il 17enne ricoverato poi all'ospedale Cardarelli.



ACCOLTELLAMENTO AL GRATTACIELO: IL CASO CHE SCUOTE CAMPOBASSO
Un adolescente di 17 anni in ospedale, colpito da tre o quattro coltellate in un appartamento al nono piano del palazzo più conosciuto di Campobasso. Una presunta rapina con due uomini incappucciati che piombano in casa e portano via soldi e cellulari. E poi, quasi subito, l’ombra lunga del traffico di stupefacenti che s’insinua nella ricostruzione e la scardina. Cosa è davvero accaduto al grattacielo del capoluogo molisano nel tardo pomeriggio del 04 ottobre 2025? E perché gli investigatori non credono del tutto alla versione del colpo messo a segno da sconosciuti? Nelle ultime ore la Squadra Mobile di Campobasso, guidata da Marco Graziano, ha accelerato: perquisizioni a tappeto, interrogatori fiume a giovani considerati orbitanti attorno al piccolo spaccio cittadino, una trama investigativa che sembra avvicinarsi a una svolta. La chiave di lettura più battuta è quella della droga. È soltanto un’ipotesi? Sì. Ma è un’ipotesi con un filo rosso che tiene insieme tempi, luoghi e relazioni tra i protagonisti.

# L’AGGRESSIONE AL NONO PIANO: SEQUENZA ANCORA SFOCATA
I fatti fin qui accertati: un 17enne viene ferito con più fendenti in un appartamento al penultimo livello del grattacielo, il nono piano. L’alloggio, affittato da poco da tre ragazzi del posto, diventa teatro di un episodio di violenza che lascia il segno su muri e cronache. Il minorenne viene trasportato d’urgenza all’ospedale Cardarelli, dove è ricoverato in condizioni definite gravi. La dinamica, però, non è lineare. In casa, con la vittima, c’era almeno un altro giovane. È lui a raccontare agli agenti che due uomini con il volto coperto avrebbero fatto irruzione, rapinando i presenti di contanti e telefoni prima dell’accoltellamento. Una scena da noir metropolitano, ma i dettagli stonano come note fuori spartito. Davvero dei rapinatori scelgono un nono piano per un blitz estemporaneo? Davvero si espongono a rischi e tempi lunghi per un bottino limitato? Gli investigatori, esperti nel separare il vero dal verosimile, colgono dissonanze e sospendono il giudizio.

# PISTA DELLA DROGA: PERCHÉ CONVINCE GLI INQUIRENTI
La «pista droga» non è un’etichetta comoda, ma un approdo logico per chi conosce la microcriminalità urbana. Gli elementi che spingono in questa direzione, secondo quanto trapela dalle attività della Mobile, sono molteplici: - la fitta rete di frequentazioni tra i ragazzi che ruotano attorno alla casa e ambienti collegati allo spaccio cittadino; - il profilo dell’appartamento “di passaggio”, affittato di recente e potenzialmente adatto a incontri rapidi, scambi, breve permanenza; - la sproporzione tra un presunto movente predatorio (pochi contanti, un paio di cellulari) e la violenza esercitata con tre o quattro coltellate. Quando il denaro che scorre è poco e il rischio è alto, il delitto comune raramente si veste da rapina casuale. Più spesso si presenta come frizione interna: debiti non saldati, partite tagliate male, “sconfinamenti” di zona. In questo quadro, la rapina potrebbe diventare un paravento, un racconto di comodo per coprire uno scontro maturato tra pari. Non c’è certezza, ma l’ipotesi regge alla prova della plausibilità.

# LA VERSIONE DELLA RAPINA E I SUOI PUNTI DEBOLI
La narrazione dei due incappucciati che irrompono, picchiano, accoltellano e scappano con qualche oggetto di valore presenta margini di opacità. Gli investigatori guidati da Marco Graziano, più che contestare a priori, cercano riscontri: varchi d’accesso e di fuga, tempi di salita e discesa dal nono piano, eventuali riprese di videosorveglianza nelle aree comuni, testimonianze dei vicini. In cassette postali e pianerottoli, a volte, resta la traccia che smentisce o conferma un’intera storia. Se la rapina fosse stata davvero il cuore dell’azione criminale, ci si attenderebbe una gestione “sorda” della violenza, finalizzata a bloccare e intimidire, non a infierire a colpi di lama fino a sfiorare l’omicidio. La differenza non è solo semantica: segna la linea che separa un reato predatorio da un regolamento di conti.

# PERQUISIZIONI E INTERROGATORI: LA PRESSIONE INVESTIGATIVA
Nel pomeriggio del 04 ottobre, la Squadra Mobile ha eseguito diverse perquisizioni e sottoposto a lunghi ascolti vari ragazzi legati al giro dello spaccio in città. Non è un rituale di maniera: significa cercare telefoni, chat, residui di sostanze, bilancini, appunti con cifre e nomi. Inchiostri invisibili che, se letti nel giusto ordine, ricompongono la mappa dei rapporti di forza. L’esperienza insegna che le prime 48 ore sono decisive. È allora che gli alibi si costruiscono male, le versioni si sovrappongono, le contraddizioni emergono. E in un contesto di relazioni fragili, spesso basta una crepa perché l’intero edificio della menzogna crolli.

# IL CONTESTO SOCIALE: GIOVENTÙ, VULNERABILITÀ E CASE D’AFFITTO
Tre ragazzi del posto prendono in affitto un appartamento “da poco”. È una scelta neutra in sé, ma, in alcune geografie urbane, diventa dispositivo di invisibilità: spazi di autonomia che sfuggono al controllo familiare, luoghi dove si sperimenta, si prova, si rischia. Il confine tra ritrovo e base logistica può essere sottile. E per un 17enne, quella sottigliezza è un crinale pericoloso. Le cronache italiane raccontano spesso di abitazioni “ponte” in stabili popolari o condomìni centrali, dove i flussi sono rapidi e anonimi. Il grattacielo di Campobasso, per visibilità e concentrazione di appartamenti, rientra in quella tipologia dove il viavai non allarma più di tanto. È un camaleonte urbano: accoglie tutto, nasconde molto.

# IL PALAZZO SIMBOLO: QUANDO IL LUOGO DIVENTA MESSAGGIO
Non è irrilevante che la scena si sia consumata nel palazzo più conosciuto del capoluogo. Il nono piano, penultimo livello, evoca isolamento e discrezione. Come una stanza in alto mare, lontana dagli occhi ma prossima a vie di fuga verticali. In criminologia ambientale il luogo parla: suggerisce prassi, condizioni operative, coraggio (o imprudenza) degli autori. Se qualcuno ha scelto quel nono piano per un incontro “sensibile”, sapeva di potersi muovere in un crocevia di anonimato: ascensori, trombe delle scale, porte che si aprono e si chiudono in un clangore quotidiano. Eppure, proprio lì, il rumore di un’aggressione può confondersi con il brusio di un condominio affollato. Un paradosso utile a chi vuole colpire e dileguarsi.

# IL PROFILO GIURIDICO: TENTATO OMICIDIO E POSSIBILI AGGRAVANTI
La cornice penale è già delineata: tentato omicidio. Un reato che, a prescindere dal movente, porta con sé pene severe e un approfondimento rigoroso su arma, intenzionalità, numero e sede delle ferite. Tre o quattro coltellate non sono un “incidente” collaterale: parlano di un’azione portata a termine con la consapevolezza di poter uccidere. Se la pista della droga dovesse trovare conferme, lo scenario potrebbe arricchirsi di contestazioni ulteriori: cessione o detenzione a fini di spaccio, associazioni anche labili, concorso di persone. Ma siamo nel campo delle verifiche, non delle certezze. Ed è bene ribadire un principio: finché gli elementi non si consolidano, ogni persona ascoltata resta tale, non un colpevole designato.

# LE DOMANDE CHE RESTANO: ORARI, TELEFONI, DEBITI
In casi come questo le domande operative guidano più di mille teorie: - a che ora precisa è avvenuta l’aggressione e chi ha chiamato i soccorsi? - i telefoni sottratti risultano agganciati a celle compatibili con la fuga di presunti rapinatori? - le chat dei presenti mostrano scambi su denaro, appuntamenti, sostanze? - nell’appartamento ci sono tracce compatibili con una “base” di microspaccio? Sono tasselli che, se incastrati, possono ribaltare o confermare l’intero impianto narrativo della rapina.

# LA LINEA DELLA SQUADRA MOBILE: VELOCITÀ E DISCREZIONE
Il metodo del gruppo guidato da Marco Graziano sembra seguire due binari: rapidità di azione e riserbo. Le perquisizioni a ridosso dell’evento servono a congelare il presente prima che venga ripulito: eliminare chat, lavare superfici, buttare via coltelli. La discrezione, invece, evita di incendiare il dibattito pubblico e proteggere il 17enne, che resta prima di tutto una vittima, e la cui testimonianza potrà essere decisiva quando le condizioni cliniche lo consentiranno.

# IL TEMPO INVESTIGATIVO E QUELLO DELLA CITTÀ
Campobasso, ferita e curiosa, chiede risposte. Ma la cronaca giudiziaria raramente corre alla stessa velocità dell’ansia collettiva. La città vede il grattacielo e lo riconosce; sa che lì qualcosa è accaduto e vorrebbe già un nome, un movente, una pena. Gli inquirenti seguono un’altra metrica: fatti, riscontri, incroci. È una musica meno rumorosa, ma è l’unica che, alla fine, regge sul piano processuale. E allora, rapina o regolamento di conti legato alla droga? La sensazione, oggi, pende verso la seconda ipotesi. Ma è solo la contabilità delle prove a poter sciogliere il dubbio. Nelle stanze della Mobile, tra verbali e tabulati, si cerca quella frase che non torna, quell’orario che tradisce, quel frammento di verità che illumina tutto il resto. Finché non affiora, l’unico imperativo è non confondere il desiderio di capire con la fretta di giudicare.

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