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Il caso

Sangue infetto dall'ospedale Cardarelli, Ministero e Regione Molise dovranno risarcire una coppia per un milione di euro

La storia giudiziaria ha avuto inizio nel 2009, quando i due coniugi hanno citato in giudizio il Ministero della Salute e la Regione Molise per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Giustizia dopo 40 anni: il risarcimento per una trasfusione di sangue infetto

La Corte d'Appello del Tribunale di Campobasso ha condannato il Ministero della Salute al pagamento di 633.000 euro, oltre agli interessi legali. Inoltre, il Ministero e la Regione Molise sono stati condannati a rimborsare le spese legali del primo grado di giudizio, per un totale di circa 27.500 euro. La sentenza è diventata esecutiva nel dicembre 2022, ma il risarcimento non è stato ancora versato, costringendo l'uomo a ricorrere nuovamente alle vie legali.



UN DRAMMA CHE SI PROTRAE PER DECENNI
Quarantacinque giorni di tempo per pagare un maxi-risarcimento danni di quasi un milione di euro. È questa la sentenza che ha finalmente sancito il diritto di una coppia molisana a essere risarcita per i danni subiti a causa di una trasfusione di sangue infetto. La vicenda, che ha avuto inizio negli anni Ottanta, ha visto la donna contrarre un'infezione in una casa di cura di Campobasso, a seguito della somministrazione di una sacca di sangue proveniente dall'ospedale Cardarelli. Il contagio si è poi esteso al marito, rendendolo una vittima collaterale di un dramma che ha segnato profondamente la loro vita.

LA LUNGA BATTAGLIA LEGALE
La storia giudiziaria ha avuto inizio nel 2009, quando i due coniugi hanno citato in giudizio il Ministero della Salute e la Regione Molise per ottenere il risarcimento dei danni subiti. La sentenza di primo grado ha riconosciuto alla donna un risarcimento di 63.743 euro, mentre al marito sono stati assegnati 146.000 euro. Tuttavia, l'uomo ha deciso di impugnare la sentenza, ritenendo insufficiente il risarcimento stabilito. Nel 2018, ha avviato un nuovo procedimento legale, chiedendo alla Corte d'Appello di riformare la sentenza di primo grado.

LA SVOLTA DEL 2024
Finalmente, nel maggio 2024, la Corte d'Appello del Tribunale di Campobasso ha accolto la richiesta dell'uomo, condannando il Ministero della Salute al pagamento di 633.000 euro, oltre agli interessi legali. Inoltre, il Ministero e la Regione Molise sono stati condannati a rimborsare le spese legali del primo grado di giudizio, per un totale di circa 27.500 euro. La sentenza è diventata esecutiva nel dicembre 2022, ma il risarcimento non è stato ancora versato, costringendo l'uomo a ricorrere nuovamente alle vie legali.

UN CASO EMBLEMATICO DI GIUSTIZIA RITARDATA
La vicenda della coppia molisana è solo uno dei tanti casi di trasfusioni di sangue infetto che hanno segnato la storia della sanità italiana. Negli anni Novanta, lo scandalo delle trasfusioni di sangue non testato per la presenza di virus come l'HIV e le epatiti virali ha coinvolto migliaia di persone, tra cui malati talassemici ed emofilici, costretti a sottoporsi a periodiche trasfusioni. Le prime sentenze risalgono al 1998, ma solo nel 2016 la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato lo Stato italiano a risarcire oltre 800 cittadini infettati, per un totale di oltre 20 milioni di euro.

LA RESPONSABILITÀ DELLE ISTITUZIONI
Il Ministero della Salute è stato ritenuto responsabile per omessa attività normativa e carenza di vigilanza nella produzione, commercializzazione e distribuzione del sangue e dei suoi derivati. La Regione Molise, dal canto suo, ha istituito un apposito capitolo di bilancio per fronteggiare le sentenze di risarcimento del danno, ma ciò non ha impedito che molti casi si trascinassero per decenni nelle aule di giustizia.

UN PROBLEMA GLOBALE
Lo scandalo delle trasfusioni di sangue infetto non ha riguardato solo l'Italia. Anche il governo britannico è stato coinvolto in un caso simile, con il primo ministro Rishi Sunak che si è scusato ufficialmente per le circa 3.000 vittime legate alle trasfusioni di sangue infetto. Questo dimostra come la questione della sicurezza delle trasfusioni sia un problema globale, che richiede un impegno costante da parte delle istituzioni sanitarie di tutto il mondo.

LA SPERANZA DI UN FUTURO MIGLIORE
La sentenza del 6 maggio 2024 rappresenta un importante passo avanti nella lotta per il riconoscimento dei diritti delle vittime di trasfusioni di sangue infetto. Tuttavia, resta ancora molto da fare per garantire che casi come quello della coppia molisana non si ripetano in futuro. È fondamentale che le istituzioni sanitarie adottino misure rigorose per garantire la sicurezza delle trasfusioni e che le vittime ricevano il giusto risarcimento in tempi ragionevoli.

IL RUOLO DELLA GIUSTIZIA
La vicenda della coppia molisana dimostra come la giustizia possa, seppur con ritardo, riconoscere i diritti delle vittime e sancire il principio della responsabilità delle istituzioni. Tuttavia, è inaccettabile che ci vogliano decenni per ottenere un risarcimento. È necessario che il sistema giudiziario sia in grado di rispondere in tempi più rapidi alle richieste di giustizia dei cittadini, affinché casi come questo non diventino la norma.

LA LEZIONE DA IMPARARE
La storia della coppia molisana ci insegna l'importanza di non arrendersi di fronte alle ingiustizie e di continuare a lottare per i propri diritti. La loro battaglia legale, durata oltre 40 anni, è un esempio di tenacia e determinazione che dovrebbe ispirare tutti coloro che si trovano a dover affrontare situazioni simili. La giustizia può essere lenta, ma alla fine può prevalere.

UN FUTURO PIÙ SICURO
Per evitare che tragedie come quella della coppia molisana si ripetano, è fondamentale che le istituzioni sanitarie adottino misure preventive rigorose e che il sistema giudiziario sia in grado di rispondere tempestivamente alle richieste di risarcimento. Solo così si potrà garantire un futuro più sicuro per tutti i cittadini e ristabilire la fiducia nelle istituzioni.

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