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La vetrina

Il tartufo bianco del Molise trionfa ad Acqualagna

Il tubero vincitore porta la firma del Centro Tartufi Molise di Castropignano, in provincia di Campobasso: un nome che, fino a ieri, per molti significava nicchia; oggi fa titolo.

il tartufo bianco del molise trionfa ad acqualagna: qualità, identità e una strategia da costruire

La fiera ha ospitato anche la sfida culinaria tra città simbolo: Alba (Piemonte), Amandola (Marche), Acqualagna (Marche), Città di Castello (Umbria), Millesimo (Liguria) e il Molise. In cucina, il Molise ha centrato il terzo posto grazie allo chef Nicola Vizzarri, che ha presentato spaghetti al tartufo bianco con caciocavallo e verdure.

Cosa significa, davvero, primeggiare nella patria dei nasi fini? Alla Fiera internazionale del tartufo di Acqualagna, in provincia di Pesaro-Urbino, non si gareggia solo a colpi di aromi: si misura il peso specifico di un territorio, il suo capitale naturale, la capacità di raccontarsi. Il 12 novembre 2025, nel cuore della 60/a edizione, è il Molise a salire sul gradino più alto nella “gara dei cinque sensi”, diretta da Antonella Brancadoro, alla guida dell’associazione “Città del Tartufo”. Un verdetto che profuma di bosco, foglia bagnata e nocciola, e che dice molto più di un podio: dice che il baricentro del tartufo bianco italiano è più ampio di quanto suggeriscano gli stereotipi.

# UN PODIO CHE CAMBIA LA MAPPA DEL GUSTO
Il tubero vincitore porta la firma del Centro Tartufi Molise di Castropignano, in provincia di Campobasso: un nome che, fino a ieri, per molti significava nicchia; oggi fa titolo. Ad Acqualagna, storica rivale e alleata di Alba nel racconto del Tuber magnatum Pico, il primato molisano pesa perché scaturisce da una valutazione non estetica ma sensoriale, scientifica nella sua ritualità: consistenza, intensità e pulizia dell’aroma, persistenza, armonia. Una liturgia del giudizio che, da queste parti, è quasi una religione laica. La fotografia che ne esce non è quella di un exploit estemporaneo, ma di una maturità raggiunta: il Molise non è più la comparsa delle grandi fiere, è protagonista. E quel primo posto, guadagnato in una “cornice di alta professionalità”, come sottolineano gli organizzatori, non è l’eccezione ma il sintomo di una filiera che ha iniziato a parlarsi e a farsi riconoscere.

## LA GARA DEI CINQUE SENSI: PERCHÉ CONTA
A cosa serve una classifica degli odori? In un mercato dove il tartufo bianco resta non coltivabile e dipende dall’equilibrio di boschi, fiumi e micorrize, la qualità è un atto di trasparenza. Premiare il Molise significa riconoscere che l’areale appenninico, con suoli calcarei e boschi misti, offre eccellenze comparabili a quelle delle tradizionali capitali. E, insieme, manda un messaggio ai compratori internazionali: varrebbe la pena imparare a leggere le etichette dei territori, non solo quelle dei prezzi.

# LE CITTÀ DEL TARTUFO, TRA AGONISMO E ALLEANZE
La fiera ha ospitato anche la sfida culinaria tra città simbolo: Alba (Piemonte), Amandola (Marche), Acqualagna (Marche), Città di Castello (Umbria), Millesimo (Liguria) e il Molise. In cucina, il Molise ha centrato il terzo posto grazie allo chef Nicola Vizzarri, che ha presentato spaghetti al tartufo bianco con caciocavallo e verdure. Un piatto che è quasi una dichiarazione di poetica: la verticalità aromatica del tartufo sostenuta dal grasso nobile e filante del caciocavallo, formaggio identitario dell’Appennino meridionale, e la freschezza vegetale a fare da controcanto. Semplicità apparente, precisione di gesti: come un tema jazz su una struttura classica. Dietro l’agonismo gentile, però, c’è un’idea di sistema. La rete delle “Città del Tartufo” prova da anni a saldare le eccellenze in una narrativa comune che eviti derby sterili. Perché se è vero che il marchio “Alba” o “Acqualagna” hanno una riconoscibilità globale, è altrettanto vero che il valore aggiunto del tartufo italiano cresce quando il racconto si allarga ai paesaggi, alle pratiche dei cavatori, ai mercati diffusi.

# MOLISE, PICCOLO PER ESTENSIONE, GRANDE PER AMBIZIONE
A Campobasso, la soddisfazione è palpabile. Il presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, rivendica un percorso e guarda avanti: “Lavoreremo a un’intesa con la costituita dorsale del tartufo”, ha spiegato, auspicando la sottoscrizione di un accordo di programma per azioni comuni di tutela del tubero. Non uno slogan, se declinato in politiche: la “dorsale” può diventare un corridoio economico-ambientale che unisce aree interne, boschi ripariali e piccole comunità, con standard condivisi di raccolta, tracciabilità, promozione. Quale potrebbe essere il cambio di passo? Coordinare calendarizzazione delle fiere, promozione congiunta nei mercati esteri, formazione dei cavatori, regole omogenee sulla gestione delle aree tartufigene. E, soprattutto, una forte governance ambientale: perché senza boschi in salute, acqua in equilibrio e biodiversità del sottosuolo, il tartufo si fa volatile come un profumo al vento.

## TUTELA, MERCATO E CLIMA: I TRE FRONTI
Il tartufo bianco non si coltiva in senso stretto: prospera dove l’ecosistema funziona. È qui che le istituzioni possono incidere, con manutenzione dei corsi d’acqua, tutela dei margini boschivi, lotta al dissesto, e protocolli per prevenire il bracconaggio e l’estrazione irresponsabile. Il mercato, poi, chiede affidabilità: filiera trasparente, certificazioni, lotta alla confusione tra specie e provenienze. Infine, il clima: stagioni irregolari e stress idrici alterano maturazioni e resa. La risposta? Ricerca, monitoraggi condivisi, banche dati territoriali. Una “dorsale” degna del nome dovrebbe essere prima di tutto un’infrastruttura di conoscenza.

# ACQUALAGNA, ALBA E OLTRE: IL PESO DELLE CAPITALI STORICHE
Ha senso parlare di “nuove capitali” quando esistono icone come Alba e Acqualagna? La domanda è legittima. Le due piazze restano fari per tradizione, mercati, appeal turistico. Ma il risultato di Acqualagna racconta un’Italia del tartufo più policentrica, dove il Molise, l’Umbria, le Marche interne e tratti dell’Appennino meridionale contribuiscono a un mosaico di terroir. Un mosaico che, se ben orchestrato, vale più della somma delle singole tessere. In altre parole: non serve levare la corona a nessuno per allargare la mappa della nobiltà.

## IDENTITÀ NEL PIATTO: IL CASO VIZZARRI
Tornando alla cucina, la medaglia di bronzo a Nicola Vizzarri è significativa perché lega il tuber magnatum a un lessico locale: spaghetti, caciocavallo, verdure. Nessuna rincorsa all’effetto speciale, nessuna invadenza. È l’idea di una cucina che non traveste il tartufo, lo ascolta. E suggerisce che la forza del Molise, anche al ristorante, sia la capacità di far dialogare il bosco con la stalla, l’orto con il grano.

# UN’OPPORTUNITÀ PER TURISMO E COMUNITÀ
Quanto vale, in termini economici, un profumo che porta visitatori, produttori e chef da tutto il mondo? Le fiere come quella di Acqualagna sono calamite per un turismo colto e curioso, disposto a esplorare borghi, camminare nei boschi, sedersi a tavole di territorio. Per il Molise è un’occasione di attrazione che va ben oltre la stagione del tartufo: percorsi esperienziali, ristorazione che investe sulla qualità, botteghe che intrecciano formaggi, oli, vini e conserve. La parola chiave è filiera: quando il valore circola, rimane sulle colline, nelle aree interne, nelle comunità che custodiscono i saperi.

## DALLA VETRINA ALLA STRATEGIA
Il primo posto alla “gara dei cinque sensi” non è un punto di arrivo, ma una vetrina da trasformare in strategia. L’accordo di programma evocato da Francesco Roberti può dare cornice istituzionale a quanto già esiste: competenze di imprese come il Centro Tartufi Molise di Castropignano, energie di chef come Nicola Vizzarri, e relazioni consolidate con piazze come Alba, Amandola, Città di Castello, Millesimo e, naturalmente, Acqualagna. La partita, adesso, si gioca su due tavoli: quello della tutela del patrimonio naturale e quello della narrazione. Perché, nel mercato globalizzato del gusto, chi racconta meglio vince quasi quanto chi produce meglio. E il Molise, piccolo per estensione ma grande per ambizione, sembra aver trovato la sua voce. La domanda da porsi, a questo punto, è semplice: saprà mantenerla limpida, riconoscibile, capace di far venire voglia di tornare? Se il profumo sentito ad Acqualagna è un indizio, la strada intrapresa è quella giusta.

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