La storia
02.12.2025 - 16:07
La vicenda è anche politica, nel senso più alto: l’ex candidato sindaco per il centrodestra e oggi consigliere comunale non si limita ai ringraziamenti. Parla di «tornare al lavoro e ad onorare il mandato elettorale», «dare voce a coloro che voce non hanno», contribuire «allo sviluppo della nostra città».
Può una vita restare “attaccata” a un filo e, allo stesso tempo, trovare in quel filo una nuova ragione di impegno pubblico? La storia di Aldo De Benedittis, avvocato e consigliere comunale di Campobasso, risponde sì. Colpito da una grave forma di polmonite che il 9 novembre lo ha portato d’urgenza all’ospedale Cardarelli, è rimasto per cinque giorni in bilico, in coma farmacologico, tra cavi e tubi. Oggi, nel giorno del suo 67esimo compleanno, è fuori pericolo. E racconta, con la lucidità di chi ha visto da vicino quanto fragile sia la soglia tra vita e morte, che a salvarlo sono stati la prontezza dei familiari, il 118 e la professionalità di medici e infermieri. Una catena di gesti rapidi e competenze solide che diventa, nel suo racconto, il manifesto di un’idea: la sanità pubblica è un patrimonio da non disperdere.
UN COMPLEANNO CHE SA DI RINASCITA
«Sono stato per cinque giorni sospeso tra la vita e la morte», dice De Benedittis, ripercorrendo la sequenza che ha cambiato il significato di un giorno speciale. Non un compleanno qualunque, ma il 67esimo, vissuto come rinascita. La polmonite lo ha colpito «in maniera del tutto asintomatica», per poi esplodere con una sindrome respiratoria acuta. In rianimazione, in coma farmacologico, attaccato all’ossigeno e a «una pluralità di cavi», ha avuto – raccontano familiari e medici – i cinque giorni più difficili della sua vita. Eppure quel filo, sottile come in un film a lieto fine, ha tenuto.
IL 9 NOVEMBRE AL CARDARELLI: QUANDO IL TEMPO È TUTTO
La cronaca inizia il 9 novembre: i primi segni di crisi respiratoria, l’arrivo all’ospedale Cardarelli di Campobasso, il passaggio immediato alle cure. In medicina, l’ora d’oro fa spesso la differenza. E De Benedittis lo sa: «Il primo colpo di fortuna è che la sindrome respiratoria acuta è arrivata quando ero già in ospedale», grazie alla prontezza dei figli, di sua moglie e del 118. Ossigeno subito, monitoraggi, trasferimento in rianimazione. Un percorso che ha seguito i protocolli, ma in cui l’elemento umano – rapidità, freddezza, capacità di decidere – ha contato quanto e più delle macchine.
LA CATENA CHE SALVA: FAMIGLIA, 118, PRONTO SOCCORSO
C’è un dettaglio che spicca nel racconto: nessun eroe solitario, ma una catena. La famiglia che intuisce la gravità, il 118 che interviene, il Pronto soccorso che accoglie e inquadra il caso, le équipe che si alternano nei reparti con continuità di cure. È la fotografia di come dovrebbe funzionare un sistema sanitario: dall’allarme al trattamento, senza fratture. E qui, secondo De Benedittis, ha funzionato.
I NOMI CHE CONTANO: MOIO, CAMPO, CUZZONE, COLAVITA, PROZZO
Non un grazie generico, ma il riconoscimento puntuale dei professionisti. De Benedittis cita il personale del Pronto soccorso «tra cui i dottori Moio e Campo», la Rianimazione «guidata dall’eccellente dott. Cuzzone», la Cardiologia «diretta dalla dott.ssa Colavita», le Malattie infettive «guidate dalla bravissima dott.ssa Prozzo». È in questi dettagli – i nomi, i reparti, le responsabilità – che si legge il valore di una sanità che tiene, malgrado fatica, carenze e narrazioni spesso impietose.
UNA POLMONITE “SILENTE E VEEMENTE”: L’ENIGMA CHE SORPRENDE
Che cosa significa una polmonite “silente e veemente”? Una malattia che si insinua con pochi segnali, poi accelera e travolge. Negli adulti e negli anziani può presentarsi con sintomi atipici, comparire all’improvviso con una crisi respiratoria acuta e richiedere un sostegno ventilatorio immediato. Nel racconto di De Benedittis c’è tutta l’imprevedibilità di questi quadri: il senso di essere stati traditi dal proprio corpo e, insieme, la consapevolezza che una diagnosi tempestiva e un’assistenza organizzata possano invertire la rotta.
OLTRE LA RETORICA: LA SANITÀ PUBBLICA COME PATRIMONIO
«Meriterebbero una medaglia», dice dei sanitari. Un’immagine semplice, quasi antica, che si contrappone al dibattito polarizzato sulla sanità pubblica. Non è una santificazione, è un’osservazione dal vivo: al Cardarelli di Campobasso la presa in carico ha salvato una vita. È un caso singolo? Certo. Ma in ogni testimonianza c’è un pezzo di verità collettiva: le strutture e le persone fanno la differenza quando sono messe in condizione di lavorare. Di qui l’appello che De Benedittis trasforma in impegno civico: «Il personale medico e paramedico della nostra sanità pubblica è un patrimonio che non va disperso».
LA DIMENSIONE PUBBLICA: GRATITUDINE E RESPONSABILITÀ
La vicenda è anche politica, nel senso più alto: l’ex candidato sindaco per il centrodestra e oggi consigliere comunale non si limita ai ringraziamenti. Parla di «tornare al lavoro e ad onorare il mandato elettorale», «dare voce a coloro che voce non hanno», contribuire «allo sviluppo della nostra città». Ricorda la vicinanza del Comune di Campobasso, del sindaco, degli amministratori e «di tutta la classe politica, a tutti i livelli» che chiedeva notizie ai familiari. È un ponte tra esperienza personale e dovere pubblico: essere stati curati diventa una ragione in più per ascoltare e dialogare «con tutti gli attori del settore».
H2 — IL VALORE DEI LEGAMI: QUANDO UN MESSAGGIO FA LA DIFFERENZA
In un mondo che corre, c’è spazio per la gratitudine minuta: «Amici e conoscenti, con un messaggio sul telefono o sui social», hanno fatto sentire la loro presenza. Non è un dettaglio romantico: la letteratura scientifica parla da anni di quanto la rete di supporto influenzi percorsi di malattia e guarigione. Qui, la “rilevanza mediatica” del caso si traduce in un bisogno: dire grazie, pubblicamente, a chi c’era.
H2 — UNA LEZIONE DI TEMPISMO: DALL’OSSIGENO IN CORSIA ALLA RIANIMAZIONE
Si vince per dettagli: arrivare in ospedale prima della crisi respiratoria più severa, ricevere ossigeno subito, essere trasferiti in rianimazione con rapidità. Elementi che appaiono tecnici, e lo sono, ma raccontano anche un metodo. In medicina d’urgenza il filo tra esito positivo e complicanze si gioca nei primi minuti. Il caso di De Benedittis ricorda che il tempismo non è fortuna, ma organizzazione. La “fortuna” è semmai avere vicino chi non indugia a chiamare aiuto.
H2 — UN NATALE DI GRATITUDINE E UN’AGENDA PER IL FUTURO
C’è poi il tempo del calendario: alle porte del Natale, De Benedittis augura «un felice e sereno Natale» e un anno «ricco di soddisfazioni». Non è solo ritualità. È l’eco di chi ha appena lasciato la rianimazione e sente l’urgenza di restituire. La promessa è chiara: essere «sempre pronto e disponibile all’ascolto e al dialogo». Perché il filo che lo ha tenuto in vita, ora, diventa un impegno: sostenere chi quel filo lo tende ogni giorno, nei turni, nei reparti, nei Pronto soccorso. È lì che la vita smette di essere retorica e torna, semplicemente, a respirare.
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