La vergogna
15.08.2025 - 08:54
“Ci siamo gettati sul mezzo”, racconta un pendolare protagonista di una delle scene di affollamento e di attesa senza prospettiva. Il trasporto pubblico, quando manca di prevedibilità, non è solo inefficiente: diventa ingiusto. E l’ingiustizia, nel quotidiano, si misura in minuti rubati, coincidenze saltate, serate rovinate.
Una sera d’agosto, la banchina affollata della stazione Termini, la destinazione è Campobasso. I treni non ci sono, c’è la corsa sostitutiva delle 20:10. In teoria, una rete di sicurezza pensata per non lasciare indietro nessuno. In pratica, un unico autobus che arriva e viene immediatamente circondato, letteralmente preso d’assalto. E molti, troppi, restano a terra. Com’è possibile che un’ordinaria necessità – tornare a casa – diventi una lotteria, proprio alla vigilia di Ferragosto?
UN VIAGGIO DI ROUTINE TRASFORMATO IN CORSA A OSTACOLI
Il racconto che arriva da Roma mette in fila, con crudezza, i passaggi di un disservizio. Alla stazione Termini, nella fascia serale di una giornata già complicata per l’intenso esodo di metà agosto, il bus sostitutivo Roma-Campobasso delle 20:10 si presenta in singola copia. Non ce ne sono altri pronti in affiancamento, non risultano indicazioni chiare sulle alternative, nessuna informazione immediata su capienza e tempi. Così i passeggeri, preoccupati di restare indietro, si accalcano. Il mezzo si riempie in pochi minuti, inevitabile il contraccolpo per chi rimane sul marciapiede a guardarlo partire. Non che quella partenza sia stata puntuale. Secondo la testimonianza raccolta in stazione, l’autobus lascia Termini non alle 20:10, ma alle 20:28. Diciotto minuti che, sulla carta, possono sembrare poco; per chi viaggia, nel concreto, sono il segnale che l’ingranaggio non gira: se l’unico bus è in ritardo, quando e come arriverà il successivo? E soprattutto: quante persone resteranno ancora senza posto?
# LA CRONACA DI UN DISSERVIZIO ANNUNCIATO
Il quadro che emerge è quello di un servizio sostitutivo pensato come paracadute, ma spesso tessuto con fili troppo sottili. Alla vigilia di Ferragosto – quando i flussi crescono e l’imprevisto è dietro l’angolo – la programmazione dovrebbe prevedere mezzi aggiuntivi, riserve pronte a intervenire e un sistema di informazioni efficace. Qui, invece, si è consumata una scena classica dell’inefficienza: una sola corsa, la calca, passeggeri lasciati a terra in attesa del “prossimo”. Che però non si vede, e nel frattempo il ritardo s’allunga. Lo dicono con amarezza gli stessi viaggiatori. In stazione qualcuno sottolinea la discrepanza tra l’annuncio formale – “c’è il bus sostitutivo” – e la sostanza: la mancanza di posti, l’incertezza dei tempi, la sensazione che la promessa non regga alla prova della realtà. È un cortocircuito di fiducia: chi dipende dal trasporto pubblico si aspetta perlomeno di essere informato in tempo utile e con chiarezza.
# LE VOCI DEI PENDOLARI MOLISANI: DIRITTO ALLA NORMALITÀ
“Ci siamo gettati sul mezzo”, racconta un pendolare, descrivendo un assalto che è prima di tutto figlio dell’ansia. Un’ansia razionale, perché i posti sono contati e l’orizzonte, in assenza di informazioni, resta vuoto: quanto bisognerà aspettare il secondo pullman? Arriverà davvero? Quanti riusciranno a salire? Alla fine, chi resta giù paga due volte: in tempo e in incertezza. Non si tratta di un capriccio, ma della necessità di rientrare a Campobasso da Roma in un orario umano, magari dopo una giornata di lavoro. La platea è quella dei pendolari molisani, spesso costretti a incastrare orari rigidi e percorrenze non banali. A loro, più che ad altri, il sistema deve offrire certezze. Perché la distanza tra due città non dovrebbe misurarsi in chilometri, ma in affidabilità: la differenza tra l’arrivare e il riuscire ad arrivare.
# IL NODO INFORMAZIONE: QUANDO L’AVVISO FA LA DIFFERENZA
In casi come questo, il deficit più visibile non è solo la capienza, ma la comunicazione. In stazione si parla di assenza di informazioni puntuali: orari flessibili che slittano, annunci generici, nessuna certezza sui mezzi in arrivo. Eppure, negli snodi ad alta affluenza come Termini, la qualità del servizio si gioca anche nei dettagli: un display aggiornato in tempo reale, un messaggio chiaro sui minuti di attesa, personale che indirizza i flussi e segnala priorità per famiglie, anziani, persone con disabilità. Sembra banale, ma in realtà è decisivo. Perché quel “non si capisce perché dobbiamo aspettare tempo extra” non è un capriccio: è la richiesta minima di sapere a che gioco si sta giocando. Il trasporto non è solo movimento: è informazione affidabile, è la possibilità di scegliere – restare, partire, cambiare piano – senza sentirsi ostaggi dell’incognita.
# PROGRAMMAZIONE E PICCHI: LA PROVA DELLA VIGILIA DI FERRAGOSTO
La cronaca della vigilia di Ferragosto evidenzia un secondo punto: la gestione dei picchi. Che un 14 agosto – o comunque il giorno precedente – la domanda cresca non è un imprevisto. È una consuetudine, quasi una regola non scritta. La programmazione dovrebbe anticipare l’onda lunga, non farsi travolgere. Nelle ore calde, i servizi sostitutivi dovrebbero essere rafforzati, i mezzi moltiplicati, le corse scaglionate con margini di elasticità. Invece, l’impressione è che si confidi nella fortuna: può bastare un autobus? Se non basta, cosa accade? Chi vigila sulla qualità del servizio quando la necessità è massima? È qui che la retorica del “sostitutivo c’è” mostra le sue crepe. C’è, sì, ma a quali condizioni? Per quanti? Con quale affidabilità? La sostituzione non è un favore: è un obbligo contrattuale nei confronti degli utenti, una responsabilità che si misura sul campo, non a colpi di comunicati.
## ROMA-CAMPOBASSO, UNA TRATTA CHE CHIEDE RISPETTO
Il collegamento tra Roma e Campobasso non è una nota a piè di pagina della geografia dei trasporti. È una linea che accomuna lavoratori, studenti, famiglie. Ogni ritardo o incertezza pesa due volte su chi rientra in Molise e spesso non ha alternative comode. Per questo sorprendono – e irritano – le scene di affollamento e di attesa senza prospettiva. Il trasporto pubblico, quando manca di prevedibilità, non è solo inefficiente: diventa ingiusto. E l’ingiustizia, nel quotidiano, si misura in minuti rubati, coincidenze saltate, serate rovinate.
# UNA LEZIONE DA NON ARCHIVIARE: DALLA DENUNCIA AL MIGLIORAMENTO
Ogni disservizio contiene una lezione. Questa, in particolare, ne offre almeno tre: la programmazione dei picchi non è opzionale; la comunicazione, in assenza di posti, è parte integrante del servizio; l’empatia organizzativa – prevedere i comportamenti degli utenti quando i mezzi scarseggiano – può evitare scene di caos. Non servono grandi proclami, basta mettere ordine nei passaggi elementari: mezzi adeguati nei giorni sensibili, canali informativi chiari sulla corsa delle 20:10 e sugli eventuali ritardi (come quello registrato alle 20:28), gestione dei flussi nel punto nevralgico che è la stazione Termini. C’è infine una domanda che vale più di un editoriale: quanto costa, in termini di fiducia, lasciare un pendolare a guardare l’orizzonte, senza sapere quando arriverà il prossimo autobus? La risposta non sta solo nei numeri; sta nella serietà con cui si considera il tempo delle persone. A maggior ragione quando quel tempo – un giorno qualunque prima di Ferragosto – dovrebbe essere dedicato a rientrare, non a restare fermi.
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