L'operazione
24.11.2025 - 14:57
Che una delle società coinvolte abbia sede a Isernia — e che altre siano tra Roma, Firenze e Palermo — conferma un punto: la ristorazione è un settore nazionale per catene di fornitura e per schemi di elusione. L’azione in una provincia fa bene anche a un’altra, perché interrompe il circuito e manda un segnale lungo tutta la filiera.
Un ristorante di cucina orientale aperto tutti i giorni, a pranzo e cena, con un solo dipendente registrato. Un conto che non torna, e che per la guardia di finanza di Trento è stato l’inizio di un filo da tirare. Quello che ne è venuto fuori è un sistema architettato con perizia, fatto di fatture giuridicamente inesistenti, somministrazione fraudolenta di manodopera e distacchi fittizi: cinque società coinvolte, tra cui una con sede a Isernia, sei persone denunciate, oltre 1,2 milioni di euro di frode fiscale contestata. È una storia che attraversa Trento e l’Alto Garda, tocca Roma, Firenze, Palermo e arriva fino al Molise, restituendo l’immagine di una parte del mercato della ristorazione dove la competizione al ribasso ha varcato la soglia della legalità.
L’ANOMALIA NELL’ALTO GARDA
Tutto comincia nell’Alto Garda: un locale “all you can eat” dai prezzi molto competitivi, ufficialmente con un solo addetto. Le Fiamme Gialle di Trento non si accontentano della carta e passano ai fatti: controlli, riscontri, verifiche sugli orari. Emerge che, dietro l’apparente snellezza dell’organico, lavorano 39 persone. Quasi tutte straniere, quasi tutte formalmente assunte da altre società. Ma chi decide turni, mansioni e orari? Non quelle società “datori” di lavoro sulla carta: è il ristorante a gestire direttamente ogni aspetto, come se nulla esistesse tra lui e i dipendenti. In un caso, uno dei lavoratori scopre di non essere assunto dal ristorante solo guardando la contabile del bonifico.
FATTURE CHE NON ESISTONO, CONTRATTI CHE NON REGGONO
Dalle verifiche affiora la chiave del meccanismo: quattro società “complici” emettono fatture per servizi mai resi, simulando appalti di servizi e distacchi di personale. La guardia di finanza definisce queste carte per ciò che sono: fatture giuridicamente e soggettivamente inesistenti. Il risultato? La società del ristorante ha detratto indebitamente l’Iva per oltre 206 mila euro. Quando il velo cade, la contabilità si ricalcola: quelle fatture non valgono, e l’imposta va recuperata.
SOMMINISTRAZIONE FRAUDOLENTA: IL CUORE DEL SISTEMA
Che cosa significa “somministrazione fraudolenta di manodopera”? È il travestimento del rapporto di lavoro dietro contratti apparentemente regolari. Si usano società schermo per “fornire” personale, ma di fatto il potere organizzativo resta in capo al committente. In altre parole, l’appalto è una maschera e il distacco, una finzione. È così che si comprimono costi, si evitano contributi, si sfuggono responsabilità. È anche così che i lavoratori perdono tutele: si ritrovano con un datore di lavoro lontano e formale, e un datore effettivo che decide la loro vita lavorativa ma non li assume. Il confine tra flessibilità e abuso, qui, non è sottile: è un solco.
IL CONTO FINALE: IVA, CONTRIBUTI, SANZIONI
Oltre all’Iva indebitamente detratta per più di 206 mila euro, la guardia di finanza segnala l’omesso versamento di contributi previdenziali per oltre 300 mila euro. Sul versante del lavoro, scattano sanzioni per circa 260 mila euro. Le cifre non sono solo numeri: rappresentano ore non coperte da protezione sociale, ferie e tredicesime che si dissolvono, malattie che nessuno paga. E per l’erario, meno risorse a disposizione. Chi gioca fuori dalle regole paga meno e fa concorrenza sleale a chi rispetta la legge: è un’onda lunga che distorce l’intero mercato.
LA MAPPA DELL’INCHIESTA: TRENTO, ISERNIA, ROMA, FIRENZE, PALERMO
La rete non è locale. Cinque società sono state segnalate per responsabilità amministrativa dipendente da reato: una operante nell’Alto Garda e quattro distribuite tra le province di Roma, Firenze, Palermo e Isernia. Le sei persone denunciate dovranno rispondere — nelle sedi competenti — di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e di somministrazione fraudolenta di manodopera. È interessante la geografia dell’indagine: territori distanti, specializzazioni diverse, ma un comune denominatore nei rapporti economici. Perché? Perché la frammentazione è funzionale al disegno: rende opaco il controllo, diluisce le responsabilità, complica gli incroci documentali.
39 LAVORATORI, 39 STORIE: IL LATO UMANO DELL’IRREGOLARITÀ
Dietro ogni cifra c’è una storia. Il dato dei 39 lavoratori impiegati di fatto dal ristorante dell’Alto Garda, ma assunti altrove, dice di un’organizzazione pensata per “spersonalizzare” il rapporto di lavoro. Molti non sanno chi sia il loro datore formale. È una fotografia che torna in tanti dossier sulla ristorazione: turni flessibili, ricambio rapido, margini stretti. Ma qui lo scarto è netto: non parliamo di gestione non ottimale, parliamo di un meccanismo che priva i lavoratori di certezze e diritti. Una catena del valore che scarica verso il basso ogni rischio.
PREZZI DA “ALL YOU CAN EAT” E IL COSTO INVISIBILE
Quanto può costare davvero un menu “all you can eat” molto conveniente? La domanda è retorica, ma necessaria. Quando il prezzo scende sotto una soglia di sostenibilità, qualcuno paga la differenza: spesso sono i lavoratori, a volte lo Stato, talvolta entrambi. Il fascino della formula illimitata ha un lato oscuro se si regge su fatture inesistenti e contributi non versati. Non è solo una questione fiscale: è la qualità del lavoro, la concorrenza tra imprese, la fiducia nel mercato.
PERCHÉ L’AZIONE DI TRENTO CONTA ANCHE A ISERNIA
La guardia di finanza di Trento colloca l’operazione in una strategia più ampia: tutelare le casse dell’erario e contrastare i circuiti fraudolenti interpositori, con attenzione alle somministrazioni illecite e ai distacchi fittizi. Che una delle società coinvolte abbia sede a Isernia — e che altre siano tra Roma, Firenze e Palermo — conferma un punto: la ristorazione è un settore nazionale per catene di fornitura e per schemi di elusione. L’azione in una provincia fa bene anche a un’altra, perché interrompe il circuito e manda un segnale lungo tutta la filiera.
RESPONSABILITÀ DELLE IMPRESE: QUANDO L’INTERESSE CONTA PIÙ DELL’AUTORE
Le cinque società sono state segnalate per responsabilità amministrativa dipendente da reato, perché — secondo gli accertamenti — le violazioni tributarie sarebbero state commesse nell’interesse e a vantaggio loro. È un criterio chiaro: non rileva solo chi compie l’atto, ma chi ne beneficia. In questa logica, la prevenzione non è un adempimento soft: è governance, è controllo dei fornitori, è tracciabilità dei flussi. La domanda necessaria per ogni impresa è: il risparmio apparente di oggi vale il rischio di domani?
LE LEZIONI PER IL MERCATO DEL LAVORO
Da Trento all’Alto Garda, fino a Isernia: l’indagine offre tre lezioni. Primo, la domanda di lavoro nella ristorazione c’è, ma va gestita in modo trasparente, perché ogni scorciatoia avvelena l’intero settore. Secondo, gli appalti genuini esistono e funzionano; quelli simulati, no: spostano solo la polvere sotto il tappeto. Terzo, i controlli mirati partendo da indicatori semplici — come l’incongruenza tra orari di apertura e organico — sono efficaci. L’economia legale vince quando la convenienza a rispettare le regole supera quella a violarle.
E ADESSO? PREVENZIONE, TRACCIABILITÀ, CULTURA DELLA CONFORMITÀ
Che cosa ci si può aspettare adesso? Più controlli incrociati tra fisco, ispettorato del lavoro e previdenza; maggiore attenzione agli schemi di interposizione; sanzioni che non si fermano all’autore materiale. Ma serve anche altro: una cultura della conformità che premi chi investe in contratti chiari, turni tracciati, catene di appalto pulite. La ristorazione italiana è un patrimonio che vive di margini sottili e di reputazione. Proteggerla significa spingere fuori dal mercato chi usa la frode come leva competitiva.
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